Viale del Muro Torto (R. IV - Campo Marzio; Pinciano) (da piazzale Flaminio a piazzale Brasile)
Fra la porta del Popolo e la porta Pinciana, nelle sostruzioni (fondazioni) del “collis hortorum” (Pincio), comprese tutte da Aureliano (270-275) nelle sue mura, “una certa parte del muro, non già fin dal suolo ma dal mezzo della sommità, scompaginatasi spontaneamente in ambedue i lati, non cadde già, né si sconvolse, ma così inclinata dall'una e dall'altra banda, parte di qua e parte di là pende" (Fabio Gori – 1879).
"I romani perciò, da molto tempo, nella loro lingua, chiamano quel luogo “Muro Torto”, e volendo al principio Belisario (505-565) demolire e sistemare quella parte, vi si opposero, osservando senza titubanza che l'apostolo Pietro avevali assicurati di custodire esso stesso quel sito. Imperocché, né in quel giorno, né dopo, fino a tanto che durò l'assedio (537-538), tentarono i Goti a rivolgere l'assalto ed il tumulto della guerra in quel luogo. Anche noi, senza dubbio, siamo rimasti meravigliati, che tante volte il nemico, tante volte apertamente e tante volte con le notturne frodi, avendo assalito le mura, abbia sempre dimenticata o negletta questa parte di esse. Laonde (per cui) nessuno ha osato nemmeno in appresso di ricostruirla, ma come era, sta adesso” (Pietro Romano – 1936).
Effettivamente Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaromonti - 1800-1823) vi ha fatto costruire, a rinforzo, archi poderosi che lasciano vedere “l’opus reticulatum”, costruito nella migliore epoca edilizia romana, e che prosegue verso porta del Popolo.
Al “Muro Torto” è unito il comune sepolcro delle donne pubbliche e d’altre persone che, morendo impenitenti, sono indegne "dell'ecclesiastica sepoltura”.
Un bando del governatore, del 14 dicembre 1562, vietava di seppellire le cortigiane senza sua autorizzazione.
Era questa una nuova conferma di precedente disposizione, che spaventava tanto le prostitute, da indurle perfino a farsi monache per non finire al “Muro Torto” dove, era detto, “si dà sepoltura alle donne infami, senza lumi e solennità ecclesiastica, sono sepolte come cadaveri di bestie”. [1]
Una stradina scoscesa si arrampicava fino ad un breve spazio malamente recintato, che portava scritto all'ingresso: “Ducunt in bonis dies suos et in puncto ad inferna descendunt” (Vivono i loro giorni nel piacere e in un istante scendono all’inferno) [2].
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[1] Che il cimitero delle meretrici o delle “putte”, si trovasse fin dai remoti tempi nella parrocchia del Popolo, è spiegato dal censimento del 1526. La popolazione del rione Campo Marzio era di 4574 abitanti e di questi ben 1250 erano prostitute e persone loro addette: ruffiani, lenoni, ecc.
[2] ) I delinquenti morti penitenti venivano però sepolti in terra benedetta.
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